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EX-EMERGO

Termine latino che nella lingua italiana traduciamo con il termine: "Emergenza"

"Ex-Emergo/Emergenza" nel suo duplice valore di "portare a galla/ alla luce" ma anche "evento critico, inaspettato che richiede un intervento immediato".
Progetto curato da Monica Simeoni (artista terapista) e ospitato dalla struttura di accoglienza : " Casa delle Culture" di Scicli,  con la partecipazione degli ospiti del centro e aperto a tutta la comunità.
Cosa vuol dire per noi "Emergenza"?
Il laboratorio nasce dall'urgenza di approfondire questo concetto, attraverso la relazione con "l'altro da sé " per meglio conoscere se stessi e rivitalizzare l'idea di una Comunità capace di creare accoglienza e valore.
Attraverso l'utilizzo di materiali che parlano di questa terra, attraverso la relazione tra noi ed essi , attraverso la relazione con altre culture,storie e visioni, e’ stata creata un'opera finale, frutto del prezioso contributo di ogni singolo partecipante.
Una grande mappa, che nella forma di un grande arazzo (4mx4m) racconta le storie emerse da questa relazione dove la storia di ognuno infondo è la storia di tutti.

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MAPPA

Progetto di Arte Terapia pensato per un lavoro in coppia “adulto-bambino” a contatto con la natura per esplorare insieme attraverso “l’impronta, il gesto il segno” un nuovo linguaggio creativo di scoperta dell’ambiente circostante e della relazione con l’ altro.
Perché “Mappa”? Nel mondo antico la parola mappa indicava un panno, un telo di lino o di un altro tessuto, inizialmente usati per ricoprire le tavole o l'altare delle chiese. Lo stesso tipo di tessuto, venne impiegato per disegnare le prime carte geografiche, poprio perché’ esso offriva una maggiore resistenza nel tempo rispetto alla carta o ad altri supporti simili. Per questo nel tempo il termine è passato a indicare esclusivamente le carte geografiche. Le prime, le più antiche, erano disegnate semplicemente affidandosi all'osservazione degli esploratori o dei navigatori. Il lavoro proposto, vuole partire proprio da questo ultimo punto: riscoprirsi esploratori dell’ambiente in cui viviamo, dell’ambiente che viviamo, ridisegnando un dialogo in armonia con tutti gli elementi dello spazio in cui ci muoviamo. Esplorando insieme lo spazio attorno, abbiamo selezionato gli elementi naturali che più hanno attratto la nostra attenzione e che sono diventati il punto di partenza del nostro lavoro. Abbiamo lavorato su un grande telo, dove attraverso “l’impronta, il gesto e il segno”, abbiamo costruito la nostra Mappa. La creatività del gesto e la libera associazione di idee declinate nelle impronte dei vari oggetti sul telo e la libertà del gesto e del segno grafico hanno delineato i confini di questa grande storia dove il binomio “bambino-adulto” ha acquistato  una valenza specifica molto importante. L’autenticità del gesto e della fantasia dei più piccoli contiene in nuce una grande forza in grado di creare suggestioni ed immagini che se raccolte ed assecondate, possono essere impreziosite dall’apporto di una manualità
e una creatività più matura, che è rappresentata dal portato esperienziale dell’adulto ma anche e soprattutto dalla costruzione di un dialogo che sia in grado di “metterci in ascolto dell’altro” e cercare in sintonia con il gruppo di costruire una storia comune che sia espressione di noi stessi e dello spazio di cui facciamo parte, in cui siamo immersi. 

Foto del progetto proposto durante l’evento “@lunaparkolistico
presso la scuola “la Vita al centro” Torino.

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END-LESS

Progetto di Arte Terapia ideato e condotto in collaborazione con la collega Samantha Vichi.

Realizzato grazie al lavoro e alla collaborazione con le donne ospiti dell’associazione “Centro interculturale delle donne Alma Mater” di Torino.

L’Opera Condivisa frutto del progetto è stato esposto all’interno dell’evento “Cure nel cuore dei conflitti-Serata solidale” realizzato da MMS presso la Fondazione Merz di Torino

“End-Less” ovvero “Senza-Fine”, è la metafora del viaggio e dell’azione trasformativa che esso produce. Il viaggio come necessità, movimento, ricerca, caduta, ri/costruzione. Il viaggio si concretizza in disegni, spazi e tempi diversi tra loro, figli di vite diverse tra loro, portatrici di sogni e desideri in grado di narrare storie preziose e capaci di delineare nuovi orizzonti. Il corpo e il gesto sono gli strumenti che ci permettono di tradurre la sua azione, il suo movimento nello spazio e nel tempo, nella forma di un viaggio “senza-fine” alla scoperta di noi stessi. Questo lavoro condiviso ha dato vita ad un grande arazzo che rappresenta la geografia di questo viaggio, dove l’atto del “tessere ed intrecciare” elementi provenienti dal nostro vissuto personale, creano una grande narrazione condivisa attraverso la ricostruzione del ricordo. Ad accompagnare l’opera, abbiamo affiancato immagini video raccolte durante il lavoro, testimoni del “segno” lasciato dai corpi nello spazio che creano il ritmo del nostro viaggio. “Il filo che semplice e lineare si svolge e si allunga dall’intricata matassa degli eventi è anche il filo la cui univocità e linearità permette di comprendere il senso dell’esistenza” - Francesca Rigotti da “Il filo del pensiero”

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I AM
AM I?

Progetto di arte terapia condotto con gli ospiti della Casa alloggio centro Teresa Gabrieli di Milano. Ideato e condotto in collaborazione con Elisabetta Saiani e Francesca Fumagalli. I am I? Un semplice gioco di parole in questo titolo:" Io sono"/ "Chi sono(sono io?)" Una semplice domanda che apre un'infinità di risposte. Una domanda che sottolinea, dubbi, incertezze e fa emergere la necessità di un confronto. L'urgenza dello spostamento del punto di vista, dell'apertura verso se stessi e dello spazio che viviamo e in cui viviamo. Il desiderio di ridisegnare una connessione più profonda con noi stessi per riformulare nuove domande e acquisire nuove certezze. Discutere di "identità" in un periodo storico come il nostro diventa molto delicato ma allo stesso tempo urgente. Un diritto prima ancora che un dovere. Dove l'identità di ognuno di noi rappresenta una costellazione variabile di sfumature e preziosi rimandi, è più che mai urgente che l'arte in questa dimensione, si faccia strumento e "ponte" in grado di ricucire l'abisso che separa e confonde i desideri del singolo con le necessità spesso falsate a cui la realtà ci condiziona. Ogni essere umano è portatore di una ricchezza , che va ben al di là di qualsiasi categorizzazione sociale. La nostra identità è ciò che coltiviamo dentro noi stessi, un mondo in cui vivono sogni, emozioni, lotte, fratture e desideri. "L'identità" è la nostra pelle, è il nostro involucro e tutto ciò che esso contiene e per questo non potrà mai essere qualcosa di attribuitoci dall'esterno. Identità è ciò che noi siamo, non ciò che gli altri vorrebbero noi fossimo o ci impongono di essere. In questa dimensione si snoda la nostra proposta laboratoriale che prevede, attraverso una prima sperimentazione grafica che ci permetta di creare il giusto ambiente per conoscersi e lavorare insieme in libertà, costruiremo le premesse per un lavoro incentrato sulle immagini fotografiche degli ospiti della struttura. Partendo dalle immagini fotografiche dei volti dei singoli facenti parte del gruppo, produrremo un ingrandimento delle stesse, per poi disassemblarle ( ritagliando i vari particolari del viso). In gruppo analizzeremo i vari particolari in questione e cercheremo di ricostruire un volto unico, fatto dalle singole parti che unite tra loro andranno a restituire l'identità del gruppo. Il supporto sul quale installeremo il nostro "volto" sarà un telo bianco. La scelta del telo si rifà per noi all'idea della "mappa". Nel mondo antico la parola mappa indicava un panno, un telo di lino o di un altro tessuto, inizialmente usati per ricoprire le tavole o l'altare delle chiese. Lo stesso tipo di tessuto, venne impiegato per disegnare le prime carte geografiche, proprio perché’ esso offriva una maggiore resistenza nel tempo rispetto alla carta o ad altri supporti simili. Per questo nel tempo il termine è passato a indicare esclusivamente le carte geografiche. Le prime, le più antiche, erano disegnate semplicemente affidandosi all'osservazione degli esploratori o dei navigatori. Per questo motivo,ci piace pensare a questo lavoro come un lavoro di "esplorazione" dove la nostra mappa possa essere pensata come un'opera sulla quale si snoda una nuova geografia identitaria dove ogni singolo pezzetto di volto dei partecipanti sia portatore di ricchezza non solo per il gruppo stesso ma anche per chi osserva da fuori. Una mappa che restituisce una idea di complessità come prezioso bene comune. Durante la conduzione del lavoro, ci interrogheremo sul tema dell'identità e del significato che questo termine acquista per ognuno di noi. Proveremo a tradurlo con delle parole che riporteremo su pezzi di carta che uniti tra loro, andranno poi a formare la cornice della nostra opera condivisa.

"Dipingo spesso autoritratti perché sono sola, perché sono la persona che conosco meglio" - Frida Kahlo

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un  filo  che racconta

“Un Filo che Racconta” è un progetto laboratoriale curato da Sara Piva e Monica Simeoni in collaborazione con il Centro Interculturale delle Donne di Alma Mater. Il laboratorio si è svolto in un ciclo di quattro incontri nei quali le donne, ospiti dell’associazione, hanno potuto interfacciarsi con l’arte in maniera non convenzionale, creativa e riflessiva. Il medium scelto è stato il Kintsugi, letteralmente “ripapare con l’oro”, una pratica giapponese che consiste nel riparare oggetti in ceramica attraverso l’utilizzo dell’oro liquido, legata all’idea che dall’imperfezione  e da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione estetica e sopratutto interiore. Nel laboratorio didattico il Kintsugi è stato applicato ai tessuti, ovvero, ciascuna partecipante ha lavorato su un proprio indumento, lacerato o strappato. L’obiettivo è stato quello di ricucire simbolicamente queste ferite con un filo dorato, in questo modo la ferita-cicatrice ha ripreso vita, acquisendo nuovo valore. Oltre al lavoro manuale, le donne sono state invitate a rispondere, con una sola parola, alla domanda: “Come immagini il tuo futuro?”. Le risposte sono state trascritte in frammenti di carta riciclata, le quali vanno a racchiudere il senso di tutto il percorso laboratoriale, un’opera condivisa, un lavoro fatto insieme, a volte a quattro mani, dove i propri racconti e trascorsi silenziosamente si sono diramati fra le trame dei tessuti.

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