#FORMERETE
Progetto ideato da Daniela Zarro
Opere condivise realizzate dagli studenti dell’Accademia Albertina di Torino.
Le opere in questione vedono nel filo, nella rete e nei gesti del cucire, ricamare e tramare materie e modalità costituenti. La rete è per una volta una rete materiale e non virtuale, una connessione fisica che separa e accomuna al contempo gli artisti. Anche qui si naviga attraverso una rete ma il viaggio è quello che somiglia alla “navetta” che trasporta il filo e a tramare l’ordito. La comunicazione digitale tuttavia vive di un tempo completamente diverso, velocissimo, senza pause né attese. È un presente che non lascia esperienze in chi lo vive; al contrario il vissuto che viene acquisito da chi impegna il tempo presente nel fare opera, impregna corpo e psiche di esperienza.
L’opera accade nell’atto che deriva dal porsi uno di fronte all’altro e scambiarsi nel silenzio ago e filo senza un disegno precostituito. Gli artisti scelgono in primo luogo un compagno di lavoro e un ago ma è prevista anche la possibilità di lavorare in solitudine. In seguito si entra all’interno del campo di lavoro decidendo la propria posizione: dentro o fuori?
La posizione cambia completamente la visione del lavoro, la ricezione dello strumento e conseguentemente, l’esperienza. La scelta dello strumento è altrettanto significativa: a disposizione degli artisti sono numerosi aghi da cucito di dimensioni e forme assai variabili: piccoli, molto lunghi, curvi, con punte lanceolate, aguzze o arrotondate. Quelli curvi da materassaio che consentono a chi li sceglie di dichiarare da subito l’intenzione di lavorare da soli (in presenza degli altri) sono stati soprannominati “boomerang” per il loro tornare verso chi li ha fatti partire. Le lane e i fili a disposizione sono di diversa grammatura e colore. Si comincia. Chi è dentro passa l’ago a chi è fuori e viceversa, alla ricerca di un dialogo non mediato dalla parola. È l’intenzione dell’altro che va intuita, nell’ascolto dei suoi gesti, che prelude alla sincronia. Mediazione, sincronia ed ascolto sono le parole chiave di questo fare. Vivere un tempo sincronico è il fuoco di questa relazione. Fare esperienza del tempo dell’altro che ricambia l’Ascolto e trovare un ritmo condiviso, un battito nuovo. Il volto dell’altro oltre la rete lentamente sparisce dietro l’infittirsi della trama e l’intreccio dei fili è la traccia visibile che rimane sul campo di questo dialogo muto. Per riuscire a trovare sintonia e ritmo e’ stato necessario tempo, pazienza ed ascolto sincero. Le opere condivise in questione sono la rappresentazione artistica di questa incredibile esperienza
RAmi E RADICI
Progetto di Arianna Casi
2018-2019
Con la collaborazione di Juri Merati e Monica Simeoni
Presso l’Associazione di Promozione Sociale Progetto Aisha
Focus di questo laboratorio sono donne musulmane che hanno subito violenza e
discriminazione.
I rami di salice sono lo strumento attraverso il quale sonno state realizzate le opere
individuali, caratterizzate da forme chiuse come gusci, contenitori all’interno dei quali
ciascuna donna ha inserito dei pensieri intimi che riguardano stati d’animo, ricordi, promesse o desideri, che rimarranno custoditi nel grembo della loro opera.
Nelle forme di rami intrecciati, i pensieri sono custoditi in uno spazio che argina e chiude,
talvolta con gravi danni, la possibilità di relazione: per costruire soggettività c’è bisogno di
andare al di là, di aprirsi all’esterno, di oltrepassare il limite. Il limite è un limite culturale,
legato alle morali e alle convenzioni che determinano le norme del comportamento
Nella seconda parte del laboratorio con i rami è stata realizzata l’opera condivisa per la quale ciascuna donna, forte dell’aiuto dell’altra, ha creato una situazione di cambiamento, di maggiore apertura rispetto all’opera individuale. Attraverso questa materia prima le donne hanno dato vita a spazi organici e sculture, con risultati imprevedibili. Le opere realizzate con i rami si trovano sulla linea di confine tra la pura espressione e la tecnica artigianale. L’obiettivo è stato quello di realizzare un laboratorio che stimolasse un processo di conoscenza e di conseguenza di coesione sociale e che potesse essere nella sua opera finale strumento di sensibilizzazione rivolto alla comunità. È stato un percorso in cui si sono intrecciati l’atto creativo, la condivisione e l’ascolto di sé e dell’altro.